Il cammino del cuore
Giovanni Colombo
All’inizio c’è stato anche per me l’incontro con lui, San Giacomo Maggiore, l’apostolo decollato a Gerusalemme e trasportato dagli angeli in Galizia, il Matamoros che, sul suo bianco destriero, salvò gli spagnoli dall’invasione araba. Sono centinaia di migliaia i pellegrini che ogni anno vanno a trovarlo. Io ho fatto il Cammino di Santiago de Compostela nel 2011.
È stato il regalo della mia famiglia per i miei 50 anni. Hanno dovuto insistere perché l’accettassi. Fare il Cammino era un desiderio che coltivavo da tempo, ma nel momento in cui stava per realizzarsi, l’avvertivo come un pericolo. “Voglio restare con voi” – ripetevo per paura. “Va’ – insisteva mia moglie Lorenza – va’, va’, va’: è per fedeltà alla fonte che il ruscello se ne allontana e si trasforma in torrente, in fiume, in oceano, in sale, in azzurro.” Alla fine, ho ceduto. Sono partito il 29 maggio 2011. “Mi sento un peso, una pietra… Santiago, liberami da me…” Ed è bastata la prima tappa, con la ripidissima discesa su Roncisvalle, per farmi sentire tutta la mia fragilità. “Santiago, non mi sono allenato a sufficienza, non ce la farò mai a percorrere a piedi 790 km, mi si è già infiammato il tendine della rodilla destra, mandami una pomata antinfiammatoria e una ginocchiera…” La pomata è arrivata, la ginocchiera pure e per 27 giorni ho camminato spedito. Quando il 24 giugno 2011, festa del mio patrono Battista, alle ore 9.32 sono entrato in Cattedrale, gocciolante come una fontanella, ero pronto per ascoltare il santo. “Dal prossimo anno camminerai nella tua terra. Non diventerai uno di quei noiosi che ritornano da me ogni anno e accumulano cammini di Santiago come se fossero pacchi di pasta nella dispensa. Batterai il piede sulla terra dei tuoi avi, là dove vivi”, così mi disse, senza che potessi esercitare nessun diritto di replica.
Detto, fatto.
Ho iniziato il Cammino di Lombardia il 9 giugno 2012, una settimana all’anno, fino al gran finale del 9 giugno 2019. 8 anni, 50 tappe, 1150 km complessivi, un milione e quattrocentomila passi. Ho seguito un percorso che non c’è in nessuna guida, che ho inventato di anno in anno, che non ha nessuna pretesa di presentarsi come un modello da replicare paro paro. Mi hanno accompagnato in alcuni tratti splendidi compagni: tutti uomini, nessuna donna. L’assenza di donne non è stata una scelta, è andata così, chissà perché. È stata invece una scelta ben consapevole, scaturita forse dal lato femminile della mia psiche, percorrere strade normali e contesti ordinari, alla portata di ogni scarpa: un cammino terra terra, sotto questo profilo un cammino assai particolare, direi unico. Infatti, ci sono tanti bei sentieri lombardi che portano in luoghi splendidi, solo il mio ha deciso di passare tra capannoni e discariche. Ho messo il calcagno in tutti i 12 capoluoghi di provincia, ho battuto la pianura, la collina, la montagna, ho bagnato il piede nei principali laghi e fiumi: un modo per esaltare le diversità della regione. Per mangiare a mezzogiorno mi son bastati un panino e un frutto, la sera sono andato in trattoria. Per dormire mi sono infilato nei B&B (sempre troppo costosi per le tasche di un viandante). Qualche volta il desco e il letto sono stati offerti da amici. E sono state le cene e le notti migliori.
Nel cammino, nel suo evolversi di anno in anno, ho cercato la rigenerazione. Avverto infatti da tempo che non stiamo vivendo una delle solite crisi, che non è un’epoca di cambiamento, ma un cambiamento d’epoca, come ripete frequentemente papa Francesco. Anche l’epidemia Covid, esplosa sei mesi dopo la fine del cammino, è la conferma che stiamo vivendo un’apocalisse, ovvero la fine di un mondo (non del mondo), meglio ancora la fine di un modo di vivere e di lavorare.
Nell’apocalisse ho cercato la rigenerazione, e non una rigenerazione qualsiasi, ma la rigenerazione del corpo. Io non credo a chi mi invita a pensare all’anima e al suo destino. Nessuna animula vagula blandula. Io credo al corpo e alla sua resurrezione (anche prima della morte), alla nostra fantastica trinità fisico-psico-Spirituale. Scrivo Spirituale con la maiuscola, perché è Dio dentro di noi, che pulsa in ogni cellula, ogni sospiro, ogni battito dell’intelletto, ogni spinta della volontà.
È il nostro corpo al centro del tourbillon. Si trascina stanco per eccesso di emozioni, informazioni, sollecitazioni, attese. Subisce bombardamenti quotidiani e non ce la fa più, alza bandiera bianca, si esaurisce, si ammala. Un tempo i nostri avi dovevano fare i conti con la peste, oggi le patologie
predominanti sono neuronali: il sole nero della depressione, i disturbi della personalità e dell’attenzione, l’iperattività, la nevrastenia paralizzante, la follia.
Per rigenerare il mio corpo non mi bastavano più i libri, le teorie, le dottrine. Non mi erano più sufficienti le regole, le procedure, gli statuti. Sentivo la necessità di un’esperienza diversa, olistica, che mi prendesse tutto, portandomi prima in alto e poi infilzandomi definitivamente in questa terra
che è la mia terra, dove sono stato generato, dove vivo con i miei cari, dove presto morirò.
Con questa tensione sono partito.
Per 50 giorni, passo dopo passo, ho provato il risveglio dei sensi: la pelle che torna reattiva all’arietta; le papille gustative che titillano per le pietanze della tradizione; l’olfatto che s’impregna del profumo dei campi; gli occhi che vedono lo sfavillio delle acque; le orecchie che avvertono il chiacchiericcio delle foglie.
Per 50 giorni, aiutato anche da chiese, santuari, madonne, crocifissi, ho cercato il contatto mistico con ciò che sta sotto, nell’estremo fondo, dove l’ultimo nucleo non è materia, ma Vento, lo stesso Vento che in origine aleggiava sulle acque e che ora continua a soffiare in ogni uomo e nel pelo degli animali e nei fili d’erba.
Per 50 giorni, attraversando più di 300 comuni, ho immaginato la Lombardia del futuro, la Lombardia integrale, in cui lavoro e giustizia si incontreranno, cemento e asfalto diminuiranno, evasione fiscale e mafia scompariranno, lentezza e velocità si baceranno.
Insomma, per 50 giorni ho sperimentato un movimento sensuale-mistico-politico. Di quel che è successo, di tutti i pensieri accesi dai luoghi incontrati, ho dato conto in un testo pubblicato nei mesi scorsi da Terre di mezzo editore. Qui posso solo accennare all’aspetto fondamentale: la rivoluzione sentimentale.
La rivoluzione che mette al primo posto i sentimenti è l’unica che finora non è stata progettata. E forse la mancata chiarezza sui sentimenti non ha mai fatto funzionare bene tutte le altre, plebee o aristocratiche, proletarie o borghesi, culturali o morali. Ci vogliono i sentimenti, ma cosa siano non è facile dirlo. Assomigliano ai pensieri, perché anch’essi hanno una dimensione cognitiva. Assomigliano alle emozioni, perché anch’essi smuovono le viscere. Ma sono qualche cosa di più sia dei pensieri sia delle emozioni. Sono i modi con cui si esprime, suona il nostro corpo nella sua interezza. Per questo sono così importanti. Perché dicono il tutto, non solo una parte. Dal sentimento messo al primo posto, deriva la costellazione di tutti gli altri. Quando sono partito otto anni fa ero pieno di paura. La stessa che vedo riflessa sul volto di tanti. Chissà quanti lombardi si alzano al mattino con una stretta al petto, che non molla mai, che addirittura aumenta quando si entra in tangenziale o in metro o in ufficio. Un’ombra persecutrice ci segue giorno e notte con l’unico obiettivo di coglierci in difetto. Nessuna pillola è riuscita finora a scacciare i malpensieri e i fantasmi di cupezza. Ci vuole quindi un cammino. Di più, ci vuole un movimento sensuale – mistico – politico perché, con questo movimento, tutto cambia in meglio. Sono tornato a casa diverso, nella testa, nelle gambe, nel modo in cui parlo, rido, abbraccio. La paura non è scomparsa, ma ora ha preso il sopravvento un altro sentimento: la fiducia. Nella lamina di sole che accende ogni mattina. Nelle nostre capacità di bene. Nei tanti frutti di questa terra fertile e operosa. Nella cura-lotta per costruire i giusti spazi in cui co-abitare e co-lavorare. Nello Spirito che porta i buoni propositi ad infallibil segno.
Il Cammino di Lombardia ha riordinato i sentimenti e fatto vincere la fiducia. I passi sono diventati abbracci. E abbracciati, l’ultimo giorno, alla montagnetta di San Siro, chiamata con la solita esagerazione meneghina, il Montestella – Santiago ha solo un campus stellae, noi milanesi invece il
mons stellae! – abbiamo festeggiato con il risotto giallo, simbolo di quel che vorremmo essere da ora in poi: chicchi immersi nei succhi di questa terra, midollo, burro, grana, imbiondati con la spezia venuta dal sud, lo zafferano, amalgamati ma non impastati, che si esaltano ognuno con la propria personalità. Solo la diversità e l’unità di tutti creano una totalità.

Il Cammino di Lombardia
Cinquanta giorni a piedi in cerca del Sentimento
Terre di Mezzo – 2023
“Per otto anni, cinquanta tappe e 1.150 km, ho camminato nella mia terra. Ho seguito un percorso che non c’è in nessuna guida, studiandolo di anno in anno. Ho messo il calcagno nei 12 capoluoghi di provincia, ho battuto pianura, collina, montagna, ho bagnato il piede nei principali laghi e fiumi. Racconto i pensieri accesi dai luoghi incontrati. Descrivo i segni dell’apocalisse in corso. Ma soprattutto il sentimento che ha preso il sopravvento: la fiducia. Dopo la pandemia, è ancora più necessaria la svolta sentimentale. Che i passi diventino abbracci. Per una Lombardia diversa e migliore.“